Il palazzo Mosera, ubicato nell’antico e suggestivo comparto di largo Torricella nel Centro Storico di Sant’Agata dei Goti, è di origine cinquecentesca e compare nella sua interezza in una stampa della fine del ‘700.
Appartenuto alla famiglia Mosera fino agli anni ’60, il palazzo fu acquisito al Demanio Pubblico per assenza di eredi e nel 1986 – 87 fu acquistato dal Comune.
Tale famiglia, nelle sue generazioni, annovera professionisti illustri per diversi aspetti anche precursori nella nostra città. Gaetano Mosera, nel 1882, già valente ufficiale medico nell’esercito borbonico, fondava la Società Operaia di Mutuo Soccorso mentre il fratello Pasquale realizzava la prima farmacia cittadina.
Precedentemente, già nel 1625, quando fu costruito l’acquedotto Carmignano, la famiglia Mosera fu particolarmente benemerita per aver consentito il passaggio del condotto sui propri fondi garantendo alla città una prima rete idrica con punti di acqua corrente così distribuiti nel Centro Storico: fontana di Capo Corte in piazza Castello, cortile del castello ducale, via Giardinetto, cortile episcopale dove era situata l’attuale fontana di piazza Duomo, giardino dello stesso palazzo Mosera con una fontana che alimentava anche all’esterno consentendo di attingere acqua all’intero quartiere di largo Torricella.
Ancora oggi, alla base del muro perimetrale sul lato del giardino che costeggia via Diaz, è visibile la vecchia conduttura in cotto in corrispondenza del pozzetto interno dello stesso giardino.
L’antico frantoio è situato al piano terra del palazzo di fronte alla villa comunale e conserva in buono stato l’impianto di molitura che risale alla fine del 1800.
Ha funzionato ininterrottamente fino alla morte di Michelangelo Mosera avvenuta nel 1956 e da allora cominciò la decadenza del palazzo.
Nel 1969 morì anche la Hreycih, moglie di Michelangelo Mosera, nota in città con l’appellativo di “tedesca “, e da allora il palazzo rimase completamente incustodito divenendo luogo di riferimento per saccheggi e incursioni da parte di ignoti che ne asportarono mobili e suppellettili d’ogni genere.
Anche nell’antico frantoio, al piano terra, furono realizzati abusi vari completamente trascurati anche con i successivi lavori di consolidamento e restauro protratti fino al 1998 – 99.
Oggi comunque l’edificio è oggetto di attenzione e rivalutazione ed è stato destinato opportunamente per accogliere uffici di carattere comunale al piano inferiore, e biblioteca e Galleria Arte Contemporanea sui due livelli.
Sotto il piano calpestio è stato riportato alla luce un ambito con un sistema di vasche per il convogliamento delle acque reflue dalla lavorazione dell’olio convogliate con un condotto sotterraneo verso il sottosuolo della villa e quindi verso il Martorano.
La cantina è profonda circa 16 metri e si raggiunge percorrendo una scala suggestiva alla fine della quale si apre un grande ambiente. Oltre alla caratteristica architettura comune alle cavità del centro storico con due occhi che raggiungono il livello stradale, in essa si notano piccole cavità negli angoli a sinistra dovute alla formazione di bolle gassose avvenute durante la sedimentazione del tufo risalenti a circa 30.000 - 33.000 anni fa